Verdone paladino della sala, e protagonista di un documentario al Festival del Cinema di Roma

E’ il documentario Carlo! Di Fabio Ferzetti e Gianfranco Giagni, prodotto da Marco Belardi, ad aprire la sezione Prospettive Italia del Festival di Roma.

Verdone paladino della sala, e protagonista di un documentario al Festival del Cinema di Roma

E’ il documentario Carlo! Di Fabio Ferzetti e Gianfranco Giagni, prodotto da Marco Belardi, ad aprire la sezione Prospettive Italia del Festival di Roma. Il Carlo del titolo è Verdone, raccontato, senza celebrarlo ostentatamente, attraverso interventi di collaboratori, di attori, di amici, della famiglia. La proiezione del film coincide con una dichiarazione di Verdone sul Giornale dello Spettacolo, per cui scrive un editoriale, circa il fenomeno negativo della chiusura delle sale: ''Dal 2001 ad oggi – dice – oltre 880 schermi hanno chiuso. Solo quest'anno circa 80. Sono numeri da funerale per la sala cinematografica. Non dobbiamo permetterlo. Regioni e Comuni dovrebbero farsi paladini della loro sopravvivenza”

E’ il documentario Carlo! Di Fabio Ferzetti e Gianfranco Giagni, prodotto da Marco Belardi, ad aprire la sezione Prospettive Italia del Festival di Roma. Il Carlo del titolo è Verdone, raccontato, senza celebrarlo ostentatamente, attraverso interventi di collaboratori, di attori, di amici, della famiglia e poi le strade e le voci della sua città, Roma, in un infinito gioco di riflessi da cui nascono le sue storie e i suoi personaggi. Assieme a lui sono protagonisti i luoghi a lui cari: Ostia, Ponte Sisto, gli studi di Cinecittà, il set di Posti in piedi in paradiso. “Girare un documentario su Verdone, oggi – dicono i registi – significa lavorare su queste ipotesi di lettura, a partire dalla singolarità del suo corpo comico nella tradizione della nostra commedia. Ma entrare nel cinema di un attore-regista significa anche molto altro: entrargli dentro casa, letteralmente. Invadere le sue zone d’ombra e accompagnarlo in un viaggio che, forse, prima di tutto, è esistenziale, ovvero aprire o almeno socchiudere le porte che Verdone non aveva mai aperto prima. L’adolescenza, la famiglia, le amicizie, la casa sotto i portici, grazie a immagini private e mai viste prima che illuminano, commentano e a volte completano un destino”.
E ancora la tecnica, la capacità di osservazione, l’uso del corpo e della voce, la nascita e la psicologia dei personaggi maschili, il rapporto complicato con quelli femminili, gli interpreti di riferimento, il rapporto con il pubblico, l’importanza della figura paterna, gli studi al Centro Sperimentale, una formazione che abbraccia l’underground e Lo Sceicco Bianco, Leone e Germi, Sordi e Jack Lemmon.
La proiezione del film coincide con una dichiarazione di Verdone sul Giornale dello Spettacolo, per cui scrive un editoriale, circa il fenomeno negativo della chiusura delle sale: ''Dal 2001 ad oggi – dice – oltre 880 schermi hanno chiuso. Solo quest'anno circa 80. Sono numeri da funerale per la sala cinematografica. Soprattutto per singoli cinema, nel cuore della città, cha hanno tradizione di sala storica, e che danneggia un pubblico anziano o di mezza età che nei giorni feriali ha sempre sostenuto un cinema anche meno commerciale e d’autore. Ecco, questo non lo dobbiamo permettere. Regioni e Comuni dovrebbero farsi paladini della loro sopravvivenza. Ci vorrebbe un atto di coraggio culturale per preservare non solo una memoria storica ma prodotti di qualità che rischiano la scomparsa per assenza di fruitori”. Ma, oltre a questo, Verdone sottolinea come l’esercizio cinematografico si sia ritrovato ad affrontare, col passare del tempo, una serie di fenomeni che ne hanno ostacolato lo sviluppo. “Negli anni e con l’avvento di internet – ricorda – tutto è cambiato. E tutto diventa molto difficile per l’esercizio. Non c’è solo un drammatico problema di pirateria on line, un fenomeno mondiale in Italia particolarmente marcato; probabilmente conta anche un’offerta di eventi televisivi riguardanti lo sport in diretta, migliaia di film al mese in tante finestre nelle televisioni, che provocano sicuramente un’overdose di immagini da consumare in ambito domestico. E non possiamo assolutamente sottovalutare una crisi economica che inibisce, specie per alcune fasce meno protette sul piano economico, un’affluenza massiccia”.
Ma per Verdone anche il prodotto deve adeguarsi al pubblico:  “Di una cosa sono certo – dice – e cioè che la commedia deve avere uno scatto in più. Il successo del francese Quasi amici deve porci ad una seria riflessione: la commedia deve proporre dei contenuti che rispecchino la realtà odierna ma senza fotografarla e basta. Al divertimento deve coniugarsi, con grande equilibrio, un tema che rimandi all’oggi. Con coraggio. Altrimenti rischiamo il puro intrattenimento che non lascia traccia nello spettatore di una fotografia reale del nostro periodo storico. Io – conclude– mi auguro solo una cosa: che la sala cinematografica non debba scomparire. Sarebbe la fine della condivisione di emozioni e il trionfo della solitudine in uno schermo che diventa sempre più piccolo e tecnologico. Rendiamo le nostre sale efficienti, all’avanguardia. Liberiamole dalla sciatteria e prepariamole al meglio: che siano un tempio, comodo ed accogliente, dell’immagine. Già questo sarebbe un piccolo ma importante successo: il rispetto per lo spettatore”. Forse ci sarà occasione di riparlarne anche durante l’incontro che Martedì 13 Verdone terrà allo spazio Lazio Film Fund, dopo la proiezione, al Teatro Studio ore 10,30, del suo ultimo film Posti in piedi in paradiso, organizzato per l’iniziativa Il cinema incontra l’università.
Pubblicato: 27/11/2012
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